mercoledì 30 novembre 2016

Se vince il SI a rischio i pagamenti AGEA 2021, le future politiche di mercato e di sviluppo rurale?

Come un pò tutti sanno, l'UE emana regolamenti o direttive che in un modo o nell'altro, per un motivo o per un altro, devono essere recepiti dagli stati membri per stabilire alcuni dettagli che hanno spesso effetti molto importanti per l'economia del paese.

Nel settore agricolo ancora di più, se pensiamo che per es. nelle politiche di mercato della PAC 2014-2020, l'Italia si è trovata ad affrontare importanti decisioni come la regionalizzazione, che detta in soldi spicci sarebbe il premio unico a ettaro uguale per tutti (con un procedimento graduale), si è trovata a scegliere quali degli aiuti disaccoppiati non obbligatori inserire nel calcolo del Premio Unico Aziendale, si è trovata a decidere in che modo rimodulare i fondi e applicare le condizionalità.
Tradotto in soldi spicci ha deciso di quanto saranno ridotti i contributi a ettaro troppo alti, quanti quelli troppo bassi, chi abbia diritto di riceverli (definizione di agricoltore attivo) e come attuare la figura di "agricoltore custode dell'ambiente" con l'applicazione del Greening.
Insomma, tutte cose che hanno influito notevolmente sulla vita dell'agricoltura, e sono solo un piccolo esempio.

Per collegarci al referendum prendiamo un passaggio fondamentale, a mio modo di vedere, che inserisce in costituzione un vincolo, non da poco, con l'Europa.
All'Art. 55 della nuova riforma proposta dal Primo Ministro Renzi e dalla Ministra alle Riforme Boschi, su cui si esprimerà Domenica 4 dicembre dalle 8 alle 23 il popolo italiano è riportato quanto segue:

"Il Senato della Repubblica rappresenta le istituzioni territoriali ed esercita funzioni di raccordo tra lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Concorre all’esercizio della funzione legislativa nei casi e secondo le modalità stabiliti dalla Costituzione, nonché all’esercizio delle funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea."

e ancora all'Art. 70:

"La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi(....) per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea (....)"

Dunque il Bicameralismo permane per l'attuazione delle normative delle politiche UE, che se ci pensiamo regolamentano quasi tutto, ma non permane tale a quale a prima, ma viene peggiorato enormemente.

Portando con i piedi per terra la cosa, è chiaro che con il combinato disposto, con i numeri che abbiamo oggi, il governo non avrebbe governabilità e che Camera e Senato potrebbero andare in disaccordo sul recepimento di qualche normativa Europea, in quanto, ribadisco, in questa materia il Bicameralismo permane, ma con regole diverse e confuse.
Infatti, mentre con la "vecchia costituzione" (quella attualmente in vigore), in caso di dissenso tra le due Camere che hanno potere legislativo, dava chiaramente una soluzione da intraprendere, la nuova costituzione che sarebbe in vigore, da 10 possibili Iter legislativi diversi (alcuni costituzionalisti, a dire il vero, dicono 7, altri più di 10, comunque sempre di più di 1 che era quello di prima), che in taluni casi prevedono farraginose e lunghissime procedure, di cui, parola di molti costituzionalisti, non si capisce granché.

Infatti, secondo i sondaggi, al governo andrebbe il M5S, che con l'Italicum avrebbe maggioranza assoluta alla Camera, ma non avrebbe maggioranza assoluta in Senato, in quanto al momento si è calcolato che circa 65 "nuovi senatori" saranno di provenienza PD.

Mettere assieme tutte queste possibilità realistiche porta a riflettere su un aspetto, apparentemente molto lontano, ma realisticamente possibile. Il fatto che, come avvenuto sempre nella storia delle riforme della PAC, l'UE ci chiederà di decidere alcuni aspetti. A maggior ragione ora che siamo all'inizio della fase di revisione della PAC 2014-2020.
Dunque, qualora il Senato si dovesse trovare in divergenza con la Camera per motivi politici, o qualora non si trovi in accordo per motivi tecnici, su un provvedimento per il quale ha potere legislativo, su chi graveranno i ritardi e le eventuali crisi di governo?
Su chi aspetta la regolamentazione per ricevere il premio unico aziendale o su chi attende un piano di sviluppo rurale per ammodernare la propria azienda.

Quindi, vista la grande incertezza e confusione, anche nelle vesti di Agronomo mi sento spassionatamente di consigliare di votare NO a tutto il settore Agricolo, in quanto un rallentamento delle politiche di mercato e di sviluppo rurale, che in tutta europa vanno a 100 all'ora, potrebbe causare notevoli disagi agli agricoltori e allevatori e a cascata a tutti i servizi annessi e connessi.

Vuoi rischiare? io NO

mercoledì 2 novembre 2016

Prezzo del Grano duro in salita, ma non grazie alla fregatura del decreto grano.

Il prezzo del grano riprende un pò quota, dopo il lungo stallo a 0,16 - 0,17 per l'agricoltore, oggi siamo già a 0,20 abbondanti a Palermo e quasi a 0,22 a Bologna.
Ma ciò è puramente un fenomeno di mercato, non certo, come sostengono alcuni, merito dell'intervento del governo col decreto grano duro, che di seguito analizzo.

(Grafico di mia elaborazione, Fonte dei prezzi la camera di commercio di catania)

Qui un estratto del "Terra e Vita" sul decreto grano duro:
"La crisi del grano duro picchia forte, con una stagnazione del mercato che dobbiamo tornare a luglio 2010 per riscontrare prezzi così bassi.
Il prezzo del grano duro è sceso da 315 euro/ton del luglio 2015 a 178 euro/ton del settembre 2016 (Fonte: Ismea). In pratica i prezzi si sono quasi dimezzati. La crisi del mercato deriva da un raccolto mondiale eccezionale, ma l’Italia sconta anche una cronica debolezza strutturale nella scarsa capacità di organizzare l’offerta nazionale.
Per affrontare questa situazione, il Governo nazionale ha cercato di trovare una risposta, seppure parziale: un fondo di 10 milioni di euro, che consentirà di erogare un aiuto fino a 100 euro/ha (per un massimo di 50 ettari) a favore degli agricoltori che sottoscrivono contratti di filiera del grano duro.
Il sostegno al comparto cerealicolo.
Nel decreto legge “enti locali” dello scorso luglio è stato inserito un fondo di 10 milioni di euro destinato ad interventi a sostegno del comparto cerealicolo (articolo 23-bis del decreto-legge 24 giugno 2016, n. 113, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2016, n. 160).
L’attuazione di questo fondo richiede un decreto emanato dal Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
La Conferenza Stato-Regioni del 30 settembre 2016 ha approvato il decreto ministeriale che fissa criteri e modalità di ripartizione delle risorse del fondo di 10 milioni di euro."

Ma è opportuno osservare che:
- in italia si coltivano circa 1,5 milioni di ettari a grano duro.
- il fondo di dotazione è di soli 10 milioni di euro, che garantisce dunque 100 euro a ettaro se i richiedenti sono fino a 100.000 ettari ovvero il 6,6% delle superfici.
- a esaurimento del fondo, si suddivideranno i fondi in egual modo tra tutti, quindi se per esempio a chiedere aiuto mediante questi contratti fossero un terzo delle aziende, in realtà il premio a ettaro sarebbe di 20€ a ettaro.
- per partecipare l'agricoltore è obbligato ad acquistare seme certificato con una maggiorazione di costo a ettaro media di € 25 (variabile), o addirittura di almeno 100 euro se si potesse usare grano da rimonta prodotto in azienda l'anno prima.
- se sei fortunato, chiedi aiuto, siete aziende per massimo 100.000 ettari, riuscendo ad arrivare ai famosi 100€ ad ettaro, ma piuttosto che usare da seme il grano prodotto l'anno prima, devi acquistare certificato, spenderai sempre più di quanto hai ricevuto.
- se il prezzo sale hai un contratto vincolante e perdi soldi.
- quasi quasi speri che il prezzo scenda o si mantenga ai livelli a cui hai fatto il contratto.
Dunque il governo farebbe bene a prendere iniziative diverse piuttosto che spendere soldi in maniera poco intelligente, che di certo non aiutano l'economia dell'agricoltore, ma solo delle aziende sementiere, e forse della qualità delle produzioni delle aziende di trasformazioni alle quali è comunque consentito effettuare bland.
Avrebbe potuto, ad esempio, spendere quei soldi investendoli in controlli sulle navi cargo per stanare partite con micotossine sopra i livelli sogli stabiliti dal Reg. UE 1881/06, oppure in ricerca e politica per mettere quante più barriere non tariffarie possibili (concentrazione di glifosate e micotossine) ai fini della riduzione dell'offerta nel mercato interno per via di riduzione di importazioni dall'estero.
Ciò a tutela di economia interna e della salute, senza corrodere i rapporti internazionali.